sabato 22 settembre 2012

BEREGUARDO ...STORY di Teresa Ramaioli

BEREGUARDO ... STORY 
di
Teresa Ramaioli
MIRACOLI A SAN MARTINO SICCOMARIO
Di DINO BARILI e TERESA RAMAIOLI
I locali di maggior successo erano le osterie:c’era lavoro per tutti, notte e giorno. Nel 1833 la più grande fortuna toccò all’oste della Trattoria del Re, che non aveva paura delle piene. Il suo segreto era quello di puntare sulla qualità anziché sulla quantità. Aveva sempre in funzione due trepiedi di ferro,ai quali erano appesi grandi pentoloni. Vivande squisite erano pronte per essere servite in ogni ora del giorno e della notte. Il nostro oste era originario di Cicognola in Oltrepò. Quando si era installato a San Martino Siccomario disse che, avendo servito nella cucina del re, il suo vero nome era Cuocodelre.Dopo aver assaggiato le sue pietanze nessuno mise in dubbio il titolo e venne chiamato da tutti “Antonio Cuocodelre”. Quando le persone dimostrano con i fatti di essere capaci di fare bene il proprio lavoro, gli vengono riconosciuti anche meriti che non hanno mai avuto. Così accadde a Cuocodelre. Le pietanze dell’Osteria di San Martino Siccomario erano insuperabili, e soprattutto avevano la buona pubblicità fatta dai carrettieri. Non si è mai saputo quali ingredienti il nostro oste usasse, di certo si sapeva che molti desideravano ritornarci. Si dice che quando il vento soffia per il verso giusto tutto funziona a meraviglia e questo accadeva nel 1833ad Antonio Cuocodelre. Il vero pericolo erano le periodiche piene. Anche a questo il nostro oste aveva pensato senza timore.(terza puntata- continua)Ciao Teresa

1 commento:

  1. MIRACOLI A SAN MARTINO SICCOMARIO
    Di DINO BARILI e TERESA RAMAIOLI
    Antonio Cuocodelre aveva puntato tutto sulla qualità e non aveva paura degli allagamenti dei fiumi. Durante le piene, caricava i suoi pochi mezzi sul carro e si portava in luogo asciutto. Allestiva il posto ristoro e, senza lamentasi mai, offriva la migliore accoglienza possibile ai clienti. Il suo motto era:”Non bisogna aspettare i clienti, dobbiamo andargli incontro, affinché si ricordino della tua disponibilità e capacità di essere loro utile”. Con questo sistema il successo dell’Osteria del Re di San Martino Siccomario non vene mai a cessare. I primi a mostrare simpatia erano i maniscalchi che, nel 1800 dopo gli osti, erano i più numerosi a San Martino. Il merito erano dei pavesi : non li volevano dentro le mura della città. Ai pavesi piacevano i cavalli ben ferrati ma i maniscalchi erano troppo rudi, rumorosi, sguaiati. I maniscalchi quando preparavano i ferri per i cavalli, non picchiavano solo sul ferro rovente, ma anche sull’incudine, un rumore assordante, ritmico. Inoltre c’era il problema della lunga sosta dei cavalli in attesa di essere ferrati. Lo sterco non era solo un problema di raccolta, trasporto e smaltimento, provocava , specialmente nei mesi estivi, una grande concentrazione di mosche e tafani insopportabile per tutti i cittadini. I maniscalchi erano uomini robusti, spesso violenti, sempre a torso nudo estate e inverno, ed il sudore grondava da tutte le parti. Per i ricchi cittadini pavesi educai, eleganti, raffinati ed istruiti erano un pugno nello stomaco. Pavia non era il posto adatto per una simile categoria di individui. Così i maniscalchi finirono in buona parte a San Martino Siccomario…(CONTINUA)Teresa

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