venerdì 21 settembre 2012

BEREGUARDO ... STORY di Teresa Ramaioli

BEREGUARDO ... STORY 
di

Teresa Ramaioli
MIRACOLI A SAN MARTINO SICCOMARIO
Di DINO BARILI e TERESA RAMAIOLI
Quando si entra in San Martino Siccomario, al semaforo del Gravellone, sulla casa d’angolo c’è una lapide, segna il livello di massima piena raggiunta dal Ticino, altezza tre metri: era il 22 ottobre 1857. Dopo simili avvenimenti gli abitanti si adattano automaticamente alle esigenze della natura. Non sono i fiumi che si adattano alle persone, sono le persone che si adattano al Po e al Ticino. L’antico abitato di San Martino Siccomario, cioè via Roma, era tutto addossato alla strada. Era l’unica via di comunicazione che da Pavia (Ponte Coperto)raggiungeva l’Oltrepò e la Lomellina. Una via importante, trafficata, che non ha mai cessato di essere , nei millenni, la via dell’oro biondo, quello dei cereali lomellini e dell’oro rosso, quello dei vini dell’Oltrepò. I miracoli di San Martino erano questi:la strada dei cereali, dei vini e le piene dei fiumi. Miracoli che hanno condizionato la vita, la storia, gli usi e i costumi, l’economia e lo sviluppo del paese. Nessun abitante di San Martino avrebbe mai costruito alti palazzi con il rischio di vederli distrutti dai fiumi. Tutti riducevano al minimo il proprio bagaglio per poterlo portare in salvo in ogni occasione. Le attività e i mestieri svolti erano quindi compatibili con la realtà locale. Due erano i mestieri per eccellenza nella prima metà dell’ottocento:i maniscalchi e gli osti. Molte persone erano disposte a giocarsi il tutto e per tutto per raggiungere il successo. La impossibilità di contare su locali sicuri e grandi spazi a disposizione avevano spinto gli abitanti ad aprire piccole botteghe lungo la via Roma, trafficata notte e giorno da carri, merci e viaggiatori in transito. I locali di maggior successo però….(seconda puntata- CONTINUA) Ciao a tutti gli amici del blog Teresa

1 commento:

  1. MIRACOLI A SAN MARTINO SICCOMARIO
    Di DINO BARILI e TERESA RAMAIOLI
    I locali di maggior successo erano le osterie:c’era lavoro per tutti, notte e giorno. Nel 1833 la più grande fortuna toccò all’oste della Trattoria del Re, che non aveva paura delle piene. Il suo segreto era quello di puntare sulla qualità anziché sulla quantità. Aveva sempre in funzione due trepiedi di ferro,ai quali erano appesi grandi pentoloni. Vivande squisite erano pronte per essere servite in ogni ora del giorno e della notte. Il nostro oste era originario di Cicognola in Oltrepò. Quando si era installato a San Martino Siccomario disse che, avendo servito nella cucina del re, il suo vero nome era Cuocodelre.Dopo aver assaggiato le sue pietanze nessuno mise in dubbio il titolo e venne chiamato da tutti “Antonio Cuocodelre”. Quando le persone dimostrano con i fatti di essere capaci di fare bene il proprio lavoro, gli vengono riconosciuti anche meriti che non hanno mai avuto. Così accadde a Cuocodelre. Le pietanze dell’Osteria di San Martino Siccomario erano insuperabili, e soprattutto avevano la buona pubblicità fatta dai carrettieri. Non si è mai saputo quali ingredienti il nostro oste usasse, di certo si sapeva che molti desideravano ritornarci. Si dice che quando il vento soffia per il verso giusto tutto funziona a meraviglia e questo accadeva nel 1833ad Antonio Cuocodelre. Il vero pericolo erano le periodiche piene. Anche a questo il nostro oste aveva pensato senza timore.(terza puntata- continua)Ciao Teresa

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